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Branding storytelling: Barbie è diventata Millennial



Pubblicato: 26-02-2019 Web Marketing Social Media

Branding storytelling: cos'è e perché è importante? Scopriamolo con un case study: Barbie e la sua operazione di rebranding con un nuovo digital storytelling.

Gli esperti del settore hanno da sempre sostenuto che il successo del marketing risiederebbe in una comunicazione razionale, chiara e oggettiva del prodotto, ma più che una formula magica questo sembra oggi un cieco dogma. Nell’era dei social networks non basta più elencare tutte le caratteristiche di prodotto e i suoi benefici misurabili. Le persone non sono più solamente consumatori, bensì utenti che si informano e interagiscono con le aziende ecco perché è necessario il branding storytelling. Per convincere il pubblico si deve puntare su qualcos’altro: sull’emotività. E non stupiamoci di questo; non è da ieri che gli uomini raccontano storie e puntano sulle emozioni per comunicare.

Abbiamo già parlato di digital storytelling e qui non vogliamo dilungarci troppo sulle potenzialità della comunicazione digitale. Vogliamo in qualche modo fare un passo indietro e sottolineare l’importanza per un brand di comunicare i propri valori e la propria mission. Per farlo, seguiremo la strategia di branding un illustre esempio.

Brand storytelling cos’è

Il brand, lo abbiamo detto più volte, consiste nella percezione che i consumatori hanno di un’azienda; non solo in termini di prodotto: anche di reputazione e di valori. Ma in che modo un’impresa può far percepire al pubblico i principi che davvero la ispirano? È qui che entra in gioco lo storytelling, che ha lo scopo di far emozionare e relazionarsi al meglio con gli utenti. Non basta raccontare: bisogna coinvolgere.

Alcuni giganti lo hanno sempre saputo, offrendo ai consumatori la possibilità di sentirsi parte di una storia anche quando gli esperti incitavano ad una comunicazione razionale e oggettiva. E i social sono le piattaforme in cui questa vicinanza emotiva è davvero tangibile. 

Branding storytelling: il caso Barbie

Parlando di storytelling, Barbie nasce come un giocattolo per bambine, dunque si presta per natura ad essere la protagonista di racconti e grandi sogni. Ma la bambola, che può essere una veterinaria e allo stesso tempo astronauta, hostess e rock star, sapeva che per realizzare i propri sogni doveva approdare sul web. Catherine Balsam-Schwaber, capo content marketing della Mattel, ha affermato che nel nuovo ecosistema digitale il contatto è quasi diretto, sia con i figli che con i loro genitori. Questi ultimi sono più coinvolti nelle vite dei loro figli di qualunque altra generazione: sono altamente consapevoli dei contenuti e delle esperienze che vivono i propri figli.

In passato il brand Barbie ha sempre veicolato, più o meno volontariamente, l’immagine di una donna stereotipata e superficiale, tanto da valergli un tormentone pop negli anni ‘90. Questo era ciò che arrivava ai consumatori; questo era il brand percepito

 

Come rimediare? Come rilanciare il brand scrollandosi di dosso l’immagine di “cattivo esempio” per le bambine? La Mattel era ben consapevole di quanto sia culturalmente rilevante il ruolo di questa bambola nell’educazione delle future donne; bisognava far diventare Barbie paladina del cambiamento dei tempi, creando una nuova narrazione della bambola fatta di valori e messaggi costruttivi. Per questo motivo, oltre che di branding storytelling, possiamo parlare di una vera operazione di rebranding

L’operazione di riposizionamento ha dovuto oltretutto fare i conti con i nativi digitali. Giocare con le bambole ha perso quell’aurea di eccezionalità e di eccitamento, diventando una cosa normale e causando un calo delle vendite (nel 2014 il 16% in meno). Una causa è stata certamente la svolta interattiva nelle preferenze ludiche dei nativi digitali. Come correre ai ripari? Anche in questo caso era necessario trasferire la casa di Barbie sulle piattaforme web. Per questo oggi barbie non è più, di nuovo, solamente una bambola, ma la protagonista di un mondo nuovo in cui i bambini e genitori sono coinvolti secondo le modalità più attuali.

Innanzitutto, Barbie è diventata una vlogger che consiglia i giovani seguaci su questioni di cuore, di stile e li guida nei loro problemi adolescenziali. Su Youtube c’è poi Dreamtopia, una web serie che ricrea un vero e proprio mondo narrativo, in cui genitori e bambini interagiscono in un’esperienza di web learning.

Su Instagram Barbie posta le immagini degli eventi mondani a cui partecipa (perché è pur sempre una ragazza dinamica a cui piace la moda!) ma è anche una donna affermata che insegue i propri sogni, sdoganando per sempre i mestieri considerati da uomo. Al suo fianco ci sono grandi testimonial che ricordano alle bambine come non esistano limiti alla loro realizzazione; un nome tra tutti Samantha Cristoforetti.

La mission del nuovo storytelling di Barbie è proprio questa: insegnare alle bambine che possono sognare in grande; ma anche sdoganare il gap tra maschi e femmine a livello di sogni e aspirazioni, come sottolinea la campagna “The Dream Gap Project”, e l’insensatezza della differenza tra i giochi per bambini e bambine, come dimostra “Dads who play barbie”. 

 

Ma perché ha profili social se il suo target di riferimento sono i bambini?

Domanda lecita. Al di là dell’età sempre più bassa di chi si iscrive a Facebook e dell’impegno collettivo dei big del settore (e Barbie vanta una bella esperienza decennale) per rendere il web un mondo più adatto ai bambini con spazi e politiche per la loro tutela, Barbie pubblica contenuti su ricorrenze come Halloween, si lamenta del lavoro arretrato o dell’incombente lunedì e indice challanges (a cui ovviamente non partecipano i bambini autonomamente). Possiamo proprio dirlo: Barbie si comporta come una Millennial. E allora ci chiediamo se il suo storytelling non si rivolga proprio ai nostalgici degli anni 90 e 80, piuttosto che ai loro figli?

Insomma, la grande scommessa della comunicazione Mattel è stata quella di trasformare Barbie da bambola “fashion” a vero modello d’ispirazione per le bambine. Barbie è ormai una donna emancipata, militante, indipendente e in carriera in cui anche le mamme possono identificarsi (in nome dei bei vecchi tempi passati insieme); non ha più bisogno di Ken per creare la propria storia e ormai è indipendente e autosufficiente. Barbie è diventata un utente digital che ha addirittura un suo profilo LinkedIn!

 

branding storytelling

 

Qual è invece la mission del tuo business? Riesci a comunicare con successo i tuoi valori? Cosa percepisce il pubblico di te? Il case study di Barbie ci ha aiutato a capire quanto sia fondamentale la reputazione di un brand e il suo continuo aggiornamento in base all'evolvere dei tempi. Scopri come misurare la brand awareness della tua azienda per capire se hai una strategia vincente!

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