Gli influencer sono sempre più popolari sui social: al centro dei gossip e degli scandali, costituiscono anche una risorsa aurea per le aziende che sempre più li includono nella propria strategia comunicativa. Ma qual è il ruolo dei social influencer? Davvero riescono ad “influire” nelle scelte dei propri followers? E, soprattutto, quanto le aziende in Italia ne sono consapevoli e sfruttano il fenomeno? Le risposte a tutte queste domande le rivela il report svolto dall’Osservatorio sull’Influencer Marketing 2018, realizzato da IED e AKQA. Senza voler fare dello spoiler, ma per avere un’idea di quanto sia importante approfondire quest’analisi, vi basti sapere che il mercato italiano si rivolgere ai social influencer per il 64%!
La ricerca è stata condotta su dati raccolti tra luglio e settembre 2018 e si è orientata verso i settori di Marketing e prodotto, Digital PR, Social Media e Top Management di aziende attive in diversi ambiti e in maggioranza a livello nazionale. Quest’ultimo comparto è stato così costituito: 45% piccole e medie imprese, il 39% multinazionali, l’8% consulenti e il 7% di startup.
Ripartiamo dal dato sopra citato che fa riferimento al campione temuto in considerazione dalla ricerca: quel 64% di attori che hanno deciso di includere influencer nelle proprie Campagne di marketing; più nello specifico l’80% delle multinazionali ha dichiarato di aver fatto questa scelta strategica, così come il 57% delle piccole e medie imprese e circa una startup su due.
Le aziende in Italia sono state spinte per il 56% dalla possibilità di migliorare l’awareness del proprio brand; per il 18% dal desiderio di promuovere i propri eventi e per il 17% dall’aspettativa di vendere più prodotti. Questi obiettivi denunciano una certa ingenuità dell’influencer marketing in Italia, ma probabilmente tale “limitatezza” è dovuta al fatto che siamo ancora in fase di assestamento. In altri paesi, dove gli influencer sono diventati punti di riferimento ben consolidati per la comunicazione di un brand, le strategie di marketing li coinvolgono anche per motivi che potrebbero sembrare non di primo piano (come l’incremento dell’engagement dei propri clienti e della propria community), investendo somme decisamente più elevate.
L’influencer è ormai una figura concreta a livello di marketing che riveste un ruolo ben definito, tanto da prevedere delle classificazioni al suo interno. Oltre agli influencer per eccellenza come Chiara Ferragni, si è infatti affermata un’altra categoria, quella dei micro-influencer.
I brand devono individuare innanzitutto quali influencer ingaggiare in funzione del proprio obbiettivo, prima ancora di elaborare una strategia comunicativa. Quali criteri hanno allora seguito le aziende coinvolte nella ricerca per intercettare gli influencer dei propri sogni?
L’Osservatorio ha raccolto che il 35% del campione è stato mosso dalla brand fit (una corrispondenza tra i valori del brand e il personaggio), il 19% dall’affinità con il proprio target e il 14% su un’analisi qualitativa e quantitativa. In percentuali minori anche la presenza online dell’influencer o la sua credibilità sono stati validi criteri di scelta. Per il 76% delle aziende coinvolte l’ingaggio dell’influencer e la strategia di comunicazione hanno rappresentato un investimento soddisfacente, mentre il 24% si è invece dichiarato insoddisfatto.
Ma quali sono le ragioni di tale insoddisfazione? Le motivazioni addotte dagli attori presi a campione marcano quel ritratto “adolescenziale” dell’influencer marketing in Italia che abbiamo già sottolineato. A differenza degli altri mercati, nel nostro paese questa risorsa non è ancora sentita come necessaria all’interno di una strategia di brand. Ecco perché le ragioni a sostegno di quel 24% di insoddisfazione sono state:
Anche le ragioni dello scetticismo di chi non ricorre a questa pratica denunciano un’Italia acerba in fatto di influencer marketing:
Ma questi scetticismi ed insicurezze sono da ricondursi semplicemente ad analisi non approfondite, a strategie non adeguatamente orientate, insomma: alla mancanza di figure professionali all’interno delle aziende che si occupino di influencer marketing. Solitamente le realtà imprenditoriali si affidano a terzi: agenzie specializzate per il 36%, agenzie digitali per il 29% e agenzie di digital PR per il 38%, alle quali sono affidate anche le attività di monitoraggio e report (26%) e formulazione di strategia (20%).
Tuttavia, le aziende intervistate riconoscono il proprio limite e anzi il 47% concorda sul fatto di desiderare una formazione adeguata in materia. Il 2019 dovrebbe segnare un ulteriore virata a favore dell’influencer marketing. Il 74% delle aziende ha speso tra i 1000 e i 50.000 euro in queste attività e addirittura il 95% ha dichiarato che quest’anno avrebbe ripetuto l’investimento (il 35% ha dichiarato che potrebbe anche aumentarlo del 10%).
Insomma, l’Italia è lontana dai primi posti, ma è decisamente in corsa ed è anche in ottima forma. All’orizzonte c’è una nuova realtà promettente del marketing, costituita da influencer, ma soprattutto da specialisti che siano in grado di individuare i più adatti in funzione degli obiettivi della campagna di comunicazione. Da dove cominciare? Senz’altro da una squadra di professionisti che possano cominciare la staffetta vincente per il tuo business.
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