Quante volte vi capita di sentire la parola "brand" in tecnicistiche dissertazioni sul marketing? E quante altre vi trovate a dover fronteggiare concetti specialistici e termini inglesi? Se la sensazione che avete è quella di non comprendere i ragionamenti fino in fondo, è arrivato il tempo di vederci chiaro e capire cos'è il brand di un'azienda. Ma è anche giunto il momento di scrollarci dalle spalle i luoghi comuni secondo cui solamente colossi del business, con altrettanto colossali budget a disposizione, possono permettersi strategie marketing.
Gli strumenti a disposizione sul web, pensiamo anche ai tools di facebook, ci permettono ormai di lavorare sull'immagine della nostra azienda, di creare strategie di comunicazione e all'occorrenza di aggiustarne il tiro. Insomma, oggi tutti possiamo entrare nella cabina telefonica come un qualunque Clark Kent e uscirne come Superman. Ma procediamo per gradi.
Partiamo da una definizione data dal fondatore del marketing scientifico Kevin Clancy: “il brand è ciò che sta nella mente del consumatore” (d'altronde, se vuoi diventare Superman è necessario che le persone vedano in te un supereroe). È una definizione semplice e chiara; potrebbe sembrare limitante e invece racchiude perfettamente il concetto fondamentale. Cos'è il brand? È la percezione che il pubblico ha della nostra azienda, del nostro prodotto, della nostra missione e del nostro modo di comunicare. Possiamo avere limpida la nostra politica aziendale, il nostro statuto e la qualità del nostro prodotto, ma poco conta se tutto questo non rispecchia l'opinione che il pubblico si fa di noi.
Ma in che modo si concretizza il brand? L'insieme dei valori che caratterizzano il nostro business?
Ovviamente la scelta del nome è il primo passaggio obbligato. Se Superman si fosse chiamato Triscountman, invece che salvare Metropolis, avrebbe suonato l'ocarina agli angoli delle strade. Ecco perché il nome del brand è tutto, o quasi.
Superman senza la sua S cucita sul petto sarebbe solamente un uomo dal discutibile gusto nel vestire, ma quella lettera lo rende unico e inconfondibile. È il suo logo: il simbolo che immediatamente riconduce al supereroe. Se Supermen mettesse sul mercato un antistaminico contro la cryptonite, certamente il vessillo sulla sua tuta ne diventerebbe il logo, cioè il segno grafico che riconduce all'insieme dei valori dell'azienda. Ma ne diventerebbe anche il marchio, concetto più propriamente giuridico legato al brevetto del prodotto depositato e tutelato dalla legge contro la contraffazione o l'imitazione di competitors.
Il nostro logo può essere composto da un nome, un simbolo, un disegno o una scritta; oppure da una combinazione di questi elementi. L'importante è che sia unico e distinguibile tra i competitors. Ecco gli elementi che lo compongono:
L'esempio del nostro Uomo d'Acciaio ci fa capire come la scelta del logo debba essere ben ragionata per convogliare efficacemente, con decisione e senza ambiguità i valori che sostengono la nostra attività.
Non dobbiamo parlare di lotte interstellari o di scienziati pazzi: dobbiamo costruire la storia del nostro brand, dare parole, colori, gesti e immagini ad una visione del mondo in cui il pubblico possa identificarsi. Cosa vogliamo raccontare? È la domanda che dovremmo sempre tenere a mente: dall'ideazione del nome all'elaborazione della strategia di branding.
Non possiamo pretendere che tutti ci chiamino Superman se nessuno ci conosce; il brand non può essere imposto, ma bisogna guadagnarselo. Dobbiamo fare in modo che il pubblico ci conosca e ci riconosca sul mercato. Come fare? Continuate a seguirci sul nostro blog di Key Associati per scoprire come creare il vostro brand.
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